Ieri dal parrucchiere, mentre aspettavo, ho conversato con una signora che lavora lì. Lei mi ha raccontato che un giorno, parlando con un Sacerdote che era andato a tagliarsi i capelli, gli diceva che era rammaricata non tanto di non essersi mai sposata nella sua vita, ma di non aver avuto figli. Lui, allora, indicando con la mano tutti i clienti presenti nel negozio le ha detto: “Ma non vedi quanti figli hai? Quando queste persone sono qui sono tutti figli tuoi perché tu ti occupi di loro”.
Io le ho detto che era un bellissimo discorso e che io sostengo, da molto tempo, che noi crediamo erroneamente che i figli che abbiamo siano nostri, mentre in realtà i nostri figli appartengono al mondo, sono figli del mondo che in gran parte li accudisce e li custodisce come facciamo noi genitori.
Da brava mamma/chioccia italiana sono arrivata a pensare questo solo quando le mie figlie erano già grandi perché la cultura di appartenenza gioca un ruolo fondamentale nel percepire cosa è etico o non lo è nel ruolo educativo, cosa è cura e cosa è ingerenza. Ieri sera, a cena a casa di un amico, i suoi figli sono stati figli miei mentre mi chiedevano consigli e informazioni.
Il lavoro di un bravo genitore è quello di capire qual è il sentiero che i figli vogliono percorrere e accompagnarli semplicemente fin dove è possibile. Poi vanno lasciati andare e guardarli allontanarsi da soli fiduciosi che da qualche parte, nel mondo, ci saranno tutor, insegnanti, genitori degli amici, incontri casuali o figure di riferimento profondo che alternativamente ne saranno i genitori e la famiglia .
Non è facile compiere certi passi nel percorso educativo, la paura dell’ignoto, delle insidie della vita, dei dolori possibili spesso porta padri e madri a una mania di ipercontrollo sui figli per cercare di proteggerli in ogni momento. In realtà dietro questo atteggiamento c’è spesso un Ego ipertrofico che spinge i genitori (specialmente le mamme italiane) ad essere le uniche persone in grado di sostenere. Ego e manie di controllo non sono Amore e a lungo andare incidono negativamente sulla vita dei figli impedendo loro di esprimere fino in fondo se stessi e di riuscire a diventare chi sono.
Analogamente dovremmo cercare di riuscire ad allargare il nostro senso materno/paterno ogni qualvolta la vita ce ne presenta l’occasione perché spesso i figli degli altri ci cercano e ci ascoltano come importanti figure di riferimento che attraversano la loro strada in quel momento.
Il regalo più bello che possiamo fare ai nostri figli è renderli autonomi, capaci di badare a se stessi sia nelle situazioni difficili che nel disbrigo delle faccende quotidiane: non essere dipendenti dagli altri li renderà liberi anche mentalmente e sereni anche quando si ritroveranno prima o poi da soli per lunghi o brevi periodi.
La nostra presenza più preziosa sarà quella su richiesta e se le richieste saranno poche avremo più spazio per lo scambio affettivo .
1 Comment
leggo questo articolo in un momento della mia vita dove sto mettendo in discussione un po tutto quello che ho fatto come mamma .
Ho sempre affermato, dal primo momento che ho partorito i miei tre figli, che prima di essere nostri erano e sono del mondo, ci credevo così tanto che all’asilo quando ne parlavo con le altre mamme, venivo guardata con stupore e ammirazione.
Hanno fatto sempre scelte dettate dalle loro inclinazioni, ho cercato fortemente di renderli liberi nel pensiero e nelle azioni limitatamente al rispetto dell’altro, purtroppo avrò sbagliato in qualche passaggio.
Oggi tutti e tre ( 30 28 e 22 anni) me li ritrovo in casa fortemente scontenti della vita che conducono, vorrebbero uscire da casa con spalle forti e sentendosi sicuri di affrontare il mondo fuori, ma nonostante gli studi, gli sforzi i vari lavori che cambiano nel giro di pochi mesi, sono costretti a restare in casa, sentendosi i famosi bamboccioni, privi di speranze per il futuro.
Si parla di inquinamento ed emergenze climatiche, che il mondo sta cambiando e che le specie animali si stanno estinguendo e i ghiacciai si sciolgono, ma non sarebbe giusto porre l’accento anche sui giovani che stanno esaurendo anche loro il meraviglioso patrimonio genetico a riguardo della speranza per il futuro?