Riapre la scuola e con essa tutte le problematiche che le sono legate.
Il rendimento, le relazioni, il rapporto con l’autorità, sono tutti elementi che scatenano vere e proprie patologie e difficoltà di realizzazione nei ragazzi.
Fino ad arrivare all’abbandono scolastico, o dispersione, che nella regione Toscana è fra i più alti d’Italia.
Riapre la scuola e con essa tutte le problematiche che le sono legate.
Il rendimento, le relazioni, il rapporto con l’autorità, sono tutti elementi che scatenano vere e proprie patologie e difficoltà di realizzazione nei ragazzi.
Fino ad arrivare all’abbandono scolastico, o dispersione, che nella regione Toscana è fra i più alti d’Italia.
Le statistiche dicono infatti che su cento ragazzi che si iscrivono alla scuola superiore solo settanta arrivano al terzo anno e solo cinquantasei alla maturità. Solo undici ragazzi su cento si laureano.
Non credo si possa negare, davanti a questi dati, che ci sia una distanza eccessiva tra il mondo scolastico come istituzione e la realtà giovanile.
Da una parte c’è il corpo insegnante, con persone spesso demotivate perché sottopagate, che svolgono precariamente la loro professione e che, soprattutto, non vedono più riconosciuto dalla società il loro prestigio e il valore del loro ruolo. In più non vedono riconosciute dalle famiglie degli studenti né la loro autorità né la loro autorevolezza.
Dall’altra parte, infatti, ci sono i genitori che spesso vivono la buona riuscita scolastica dei loro figli come una cartina al tornasole dell’essere stati o meno dei buoni genitori. Facilissimo, qui, cercare nell’insegnante, e non nel sistema familiare, la causa dei problemi.
In mezzo ci sono i ragazzi, divisi tra la richiesta sociale di adempiere al dovere scolastico e la fatica di doversi confrontare con un sistema sempre più competitivo, dove il voto o il giudizio non sono attribuiti al risultato, ma alle persone stesse.
Non è bocciato ciò che hai prodotto, sei bocciato tu !
Bocciato, cioè inadatto, inadeguato, inservibile.
Facilissimo pensare che andare a lavorare possa essere la scorciatoia per arrivare al benessere con più facilità. Il diciottenne che studia e vuole laurearsi dovrà aspettare almeno altri dieci anni prima di avere uno stipendio decente, il diciottenne che lavora gira con l’I Phone in tasca e può confondere il valore del cellulare con il proprio.
Le responsabilità di una tale situazione vanno condivise.
Gli insegnanti troppo spesso danno giudizi di valutazione senza averne la competenza
e soprattutto disconoscono l’importanza psicologica che la loro valutazione può avere sull’equilibrio psicofisico di un adolescente. Un conto è conoscere l’italiano o la matematica, un altro conto è saperli insegnare, un altro conto ancora è intervenire con giudizi sulla persona e non sul compito in classe. Il peso delle proiezioni e delle false attribuzioni può avere effetti devastanti, perché ogni insegnante è un educatore suo malgrado.
I genitori devono assumersi fino in fondo la responsabilità dell’educazione dei propri figli, contribuendo a fortificare, con i mezzi che hanno, le loro conoscenze, senza delegare tutto agli insegnanti per poi screditarli alla prima occasione. Inoltre devono imparare a non avere paura delle proprie responsabilità: il mestiere del genitore è quello di sbagliare, rimettendosi in discussione e in gioco dopo ogni sbaglio, interrogandosi e crescendo ogni volta nel rapporto con i figli. Troppo spesso i ragazzi vengono giustificati dai padri, invece che spinti nel mondo, che è la loro vera casa.
I ragazzi, che vedo più indifesi e sperduti, anche quando sono strafottenti, rispetto al mondo degli adulti, vanno aiutati a capire che la scuola è crescita e opportunità, prima ancora di essere banco di giudizio, e che tutto ciò che ha profondità richiede tempo e impegno per essere costruito e consolidato. Da anni, però, dico che i figli sono spugne, che assorbono tutto ciò che il sistema familiare contiene: ansie, insoddisfazioni, paure, gioie o dolori.
Di fatto investire nei giovani è l’unico modo per creare le basi di una società migliore.
5 Comments
Paola Pompei
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Paola Pompei
La situazione va analizzata attentamente per capire cosa sta succedendo. Scappare spesso significa rimandare il problema: persone dispotiche e maleducate sulla propria strada sua figlia le trovera’ di sicuro nella sua vita e dovra’ imparare ad affrontarle. Se si tratta invece di un problema piu’ profondo, che causa malesseri fisici, insonnia e depressione, meglio parlarne con il corpo insegnante e il preside, valutando la reale volonta’ di tutti a mettersi in gioco per risolvere il problema.
Veronica
Mia figlia è entrata in forte conflitto con una professoressa dispotica e maleducata. Lei vorrebbe cambiare sezione. Che fare?
Paola Pompei
Sarebbe opportuno che ci fosse sempre una collaborazione continua tra la scuola e la famiglia, per questo gli insegnanti dovrebbero essere informati. Consiglierei non subito, però. Prima è meglio conoscerli e creare possibilità di collaborazione, solo dove ce ne fosse la possibilità . E’ sempre bene comunque informare gli insegnanti di ogni vissuto negativo il ragazzo dovesse subire in seguito alla separazione, perché questo potrebbe fortemente influenzare il rendimento scolastico.
Antonella
Mio marito ed io ci stiamo separando. Abbiamo un figlio di quattordici anni che abbiamo appena iscritto al liceo. Dobbiamo informare i professori della nostra situazione ?